ANTIFA BOXE TORINO
DOCUMENTO
DI DISCUSSIONE PER LA RIUNIONE NAZIONALE DEL 24 OTTOBRE
Nel corso degli
ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita delle esperienze delle palestre
popolari in tutta Italia, ma anche a livello internazionale. Questa constatazione
ha spinto noi e altre realtà a cercare una collaborazione e un coordinamento
sempre più stretti che effettivamente, nell'ultimo paio di anni almeno, hanno
reso possibile l'organizzazione di serate, incontri, iniziative sportive e
anche più marcatamente politiche (gli spezzoni al decennale di Dax a Milano, o
quello al corteo nazionale no tav di qualche anno fa).
Nella riunione
che abbiamo tenuto a giugno presso l'Askatasuna è emersa la volontà di rendere
ancora più strutturata questa collaborazione, andando oltre la mailing list o i
contatti più o meno informali, per costruire un percorso sportivo e politico
condiviso, capace di sommare forze ed esperienze e, si spera, di rendere così
ancora più incisiva la presenza delle palestre popolari e autogestite nei
territori.
Muovendo da
queste premesse riteniamo di poter avanzare alcune proposte, che prendono in
considerazione contenuti, forme organizzative e obiettivi.
ANTIFASCISMO
Sulla base della
nostra esperienza riteniamo che in termini di contenuti sia essenziale ribadire
e sottolineare con forza l'identità antifscista delle nostre palestre,
facendone un discrimine netto. L'antifascismo va secondo noi inteso in un senso
ampio: contrapposizione a tutte le ideologie, i discorsi e le pratiche
autoritarie e discriminatorie; sottrazione di spazi di agibilità, visibilità e
parola a tutti coloro che di quei discorsi e di quelle pratiche si fanno
portatori; rifiuto esplicito delle relazioni capitalistiche all'interno dei
nostri ambiti; proposizione di un metodo organizzativo fondato sulla
cooperazione e l'orizzontalità.
Abbiamo sempre
sostenuto che la palestra, oltre e più di un luogo in cui si pratica sport,
dovrebbe essere un vettore di discorsi e pratiche che hanno anche l'obiettivo
di avvicinare chi la frequenta a determinati ambienti e proposte politiche.
Riteniamo che oggi, a fronte dell'emergere nel tessuto sociale di sempre più
chiari rigurgiti razzisti e xenofobi, e dell'accreditarsi politico di forze
apertamente fasciste, sottolineare con forza queste tematiche diventi ancora
più fondamentale.
Come
coordinamento dovremmo dunque essere in grado di intervenire, in maniera
unitaria o coordinata, in quei contesti e in quelle iniziative nei quali il
tema dell'antifascismo è chiaro e centrale. Non abbiamo l'ambizione di vederci
come un soggetto capace di costruire iniziative nazionali in questo senso e,
fermo restando che ogni palestra, sul proprio territorio, si muove nei modi che
ritiene più idonei, attraverso il coordinamento potrebbero essere però più facilmente
replicate situazioni come quelle ricordate in apertura, nelle quali uno
spezzone nazionale ha reso visibile l'esperienza delle palestre autogestite,
mostrandone anche chiaramente il posizionamento politico.
AUTOGESTIONE
Per quanto
riguarda le forme organizzative pensiamo che il tema centrale debba essere
quello dell'autogestione, tanto a livello di singole palestre, quanto a livello
di coordinamento. Secondo noi, e per i motivi ricordati prima, è fondamentale
fare della palestra uno strumento di partecipazione e di attivazione in prima
persona di tutti coloro che la attraversano. Il rifiuto di qualsiasi forma di
relazione “commerciale” è la chiave della nostra esperienza e l'elemento in
ultima istanza discriminante. Su questi temi, nel corso degli anni, ci sono
state discussioni talvolta anche proficue tra differenti palestre: una delle
questioni centrali è sempre stata quella della “professionalizzazione” delle
palestre popolari. Abbiamo spesso sentito dire che è un'esigenza delle palestre
popolari quelle di “accreditarsi” sportivamente attraverso la iscrizione alla
federazione pugilistica, per rendere credibile la propria proposta sportiva e
sociale non lasciando nelle mani delle sole palestre commerciali (e spesso
infestate di personaggi come minimo ambigui) la possibilità di “far crescere”
giovani atleti avviandoli al professionismo.
Abbiamo sempre
rispettato la scelta di chi ha voluto muoversi in questa direzione e, per parte
nostra, abbiamo sempre sollecitato le compagne e i compagni che hanno intrapreso
questa via a “riportare” nella nostra palestra le esperienze e le capacità
apprese altrove. Tuttavia pensiamo che la nostra realtà debba porsi al di fuori
degli ambiti ufficiali. Non diciamo questo con l'idea di proteggere una qualche
purezza ideologica o morale, ma semplicemente perché pensiamo che il nostro
compito sia produrre alternativa, non compatibilità; rifiuto del mercato, non
creazione di nicchie al suo interno; autodeterminazione e autonomia, non
accettazione di tempi e modi organizzativi imposti. Quanto al destino di coloro
che, per talento e impegno, potrebbero avere “un futuro” nello sport, pensiamo
che sia fondamentale ragionare politicamente: preferiamo una palestra
autogestita e antifascista in ogni quartiere, piuttosto che uno o due campioni
che, con tutto il nostro sostegno e rispetto, possono calcare una effimera
ribalta.
Una seconda
questione che spesso ci ha tenuti impegnati nelle varie riunioni è stata quella
relativa alla sicurezza. Anche in questo caso, dopo aver discusso e sentito
proposte e soluzioni di altre realtà, crediamo tuttavia che l'unica via
praticabile sia l'autogestione. Nelle varie serate abbiamo avuto modo di darci
delle regole di sicurezza condivise, di avere strumenti e mezzi di primo
soccorso, di portare sul ring atleti con l'obiettivo e le capacità di mostrare
un buon livello tecnico e non una furia assassina. Non riteniamo che ci possano
essere altre precauzioni: le assicurazioni non prevengono gli intoppi, così
come l'ala di federazioni e burocrazie varie non garantisce nessun rispetto
particolare per gli atleti. In un libro recente scritto da compagni bolognesi
sulla boxe a Cuba i ct cubani affrontano lo stesso problema dando le stesse
nostre risposte: il rispetto dell'atleta e dell'avversario, la ricerca della
qualità tecnica sono le migliori garanzie contro tragici infortuni.
Ribadiamo dunque
che non si tratta qui di una pregiudiziale ideologica, ma di una diversa
valutazione di mezzi e fini. Partendo dalle premesse di cui sopra pensiamo che
la forma dell'autogestione sia fondamentale per la costruzione e la
partecipazione al coordinamento.
RIUNIONE NAZIONALE
Quanto detto fin
qui non ci fa dimenticare che la nostra pratica quotidiana è quella sportiva e
che l'esigenza del coordinamento si è fatta sentire, negli anni, soprattutto
per poter organizzare un circuito sportivo autogestito. Se negli ultimi anni
abbiamo assistito con piacere al proliferare di iniziative territoriali,
pensiamo che il coordinamento dovrebbe tentare di muovere un passo ulteriore, verso
la costruzione di una grande iniziativa nazionale.
Questo dovrebbe
essere l'obiettivo sul quale misurare la forza del coordinamento: una grande
riunione sportiva all'inizio dell'estate 2016, pensata come iniziativa del
coordinamento e non della palestra della città ospite. Si tratterebbe di unire
le forze per arrivare a dare vita ad un grande evento sportivo (anche di più di
un giorno) nel quale lo sport popolare mostri le sue caratteristiche di
accessibilità, di solidarietà e inclusività (allenamenti aperti, dimostrazioni,
workshop eccetera), ma anche la sua capacità di praticare sport di buon livello
(incontri, partite, contest eccetera). Le iniziative cittadine (magari con
organizzazioni più snelle) diventerebbero allora tappe di avvicinamento (e autofinanziamento)
in vista di una grande riunione nazionale.
Invitiamo tutte
le palestre a partecipare al dibattito
Ci vediamo a Bologna il 24
ottobre